Anche oggi affronteremo un tema di grande attualità: parleremo del debito pubblico e, ovviamente ci soffermeremo sul debito pubblico italiano che, come noto, è uno dei più alti del mondo.

Intanto cominciamo a definire cosa intendiamo per debito pubblico: è il debito dello stato nei confronti di famiglie, società o enti sia italiani che esteri. Per diventare creditore dello stato basta sottoscrivere uno qualunque dei titoli di stato (Bot, CCT o BTP) emessi dal governo per coprire il deficit nel bilancio dello Stato che, come noto, si compone, dal lato delle entrate, dalle tasse e, dal lato delle uscite, dalla cosiddetta spesa pubblica (istruzione, sanità, pensioni e welfare).

Per chiarire il concetto, proviamo a fare un parallelismo con il bilancio di un’azienda in cui i ricavi sono inferiori ai costi e la perdita che inevitabilmente si crea è coperta dall’aumento dei debiti.

Attenzione però, a differenza di quello che accade quando parliamo di imprese dove il ripetersi di un conto economico in perdita porta inevitabilmente al fallimento, il deficit dello stato non è di per sè un concetto negativo in quanto, in determinate condizioni, può essere uno strumento per stimolare l’economia: il caso classico è la riduzione delle tasse, misura che serve a stimolare i consumi.

Il limite di un paese ad accumulare deficit è dato proprio dalla misura del debito pubblico, attenzione, non dal suo valore assoluto, ma dal rapporto del debito rispetto al PIL.

E a questo punto cominciamo a parlare dei problemi del nostro paese che, come già accennato, ha, in rapporto al prodotto interno lordo (il fatturato consolidato di tutte le attività economiche del paese) uno dei dati più alti del mondo.

Ma quando abbiamo accumulato tutto questo debito?

Sono stati determinanti i 20 anni che vanno dal 1974 al 1994 quando siamo passati da un rapporto dedito Pil del 54% addirittura al 124%.

Da quel momento in poi, tranne nel 2007 quando siamo tornati leggermente sotto il 100%, non siamo mai riusciti a recuperare terreno ed oggi viaggiamo con un rapporto debito pil costantemente sopra il 120%.

Ma quali sono gli effetti di questa situazione?

Direi gli stessi di una impresa troppo indebitata  che, come noto, va incontro ad un progressivo peggioramento del proprio rating e, di conseguenza, ad un costo sempre maggiore della spesa per interessi e ad una difficoltà crescente a reperire nuove risorse.

Per uno stato questo vuol dire crisi del debito sovrano. E’ quello che è accaduto nel 2011 con lo scoppio della crisi greca che ha contagiato gli altri paesi con debito pubblico elevato, Italia e Spagna, provocando un’impennata dei tassi sui BTP allargando in maniera molto pericolosa il cosiddetto “spread”, cioè la differenza di tasso tra l’Italia e la Germania considerato il paese più solido nell’ambito della comunità europea.

Per concludere, il nostro debito pubblico è un grande problema per noi almeno per tre motivi:

  • Tassi più alti pagati sul debito;
  • Maggiore esposizione ai rischi di crisi finanziarie;
  • Scarsa possibilità di utilizzare il cosiddetto “deficit spending” per stimolare l’economia e l’occupazione.

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