Oggi vi parlerò di una forma di finanziamento decisamente poco conosciuta dalle imprese e, a dire il vero, anche dalle banche.

Mi riferisco al cosiddetto “prestito partecipativo”, un finanziamento dedicato alle imprese costituite in forma societaria (prevalentemente di capitali) che possiamo inquadrare nell’ambito della cosiddetta “finanza innovativa”. 

Ma vediamo in che cosa consiste questa forma di credito e, soprattutto, a quale primaria esigenza risponde.

Il prestito partecipativo cerca di dare una risposta concreta ad un annoso problema che affligge le imprese italiane, quelle meridionali in particolare, la cosiddetta carenza di capitali propri e, specularmente, l’eccessivo indebitamento finanziario.

Il prestito partecipativo, infatti, ha come finalità il finanziamento di specifici piani di espansione aziendale abbinato ad un processo, che può essere anche graduale, di capitalizzazione aziendale.

Ma vediamo come si attua questo meccanismo: in sostanza, quello che viene posto in essere è un rapporto che impegna non solo la banca e l’impresa ma anche i soci. In realtà ogni banca ha in catalogo prodotti con caratteristiche diverse che però fondamentalmente attuano la finalità principale del prestito.

Vediamo alcuni esempi:

  • Possiamo avere il cosiddetto prestito partecipativo “a leva” in cui i soci deliberano un aumento di capitale sociale con versamento di mezzi freschi e la banca eroga un finanziamento a medio termine che può essere di importo fino a quattro volte l’aumento di capitale;
  • L’altra forma prevede invece un aumento graduale dei mezzi propri. In pratica, all’atto dell’erogazione del finanziamento, i soci sottoscrivono un impegno a versare, in conto futuro aumento del capitale sociale, un importo almeno pari al 50% della quota capitale della rata del finanziamento.

Come avrete notato, quindi, tutte le varie forme hanno lo stesso obiettivo: aumentare i mezzi propri allo scopo di recuperare e/o rafforzare l’equilibrio finanziario. 

Vi ricordo che la scarsa presenza all’interno dell’azienda di capitale proprio rappresenta uno degli elementi maggiormente penalizzanti nell’attribuzione di un giudizio di rating e quando migliora il rating, migliora la capacità di credito dell’impresa e, particolare non secondario, migliorano le condizioni applicate.

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